Avevo da pochi giorni accettato la proposta di firmare una intera linea di prodotti da carpfishing per una azienda che voleva entrare nel settore. Per questa ragione avevo anche rassegnato le dimissioni da Presidente di Carp Fishing Italia ritenendo chiaramente le due cose, incompatibili.
Carp Fishing Italia era nato sotto l’egida del Team Daiwa (Mario Molinari aveva giocato un ruolo fondamentale) e questa azienda, era stata determinante poiché ci aveva permesso di promuovere il carpfishing in modo capillare. Questo era avvenuto tramite la pubblicazione del manuale “I segreti del carpfishing” che avevo scritto appositamente e nel quale i disegni erano stati affidati all’amico Brando Borghi. Nelle pagine di Pescare, ogni mese appariva una doppia pagina pagata da Fassa -Team Daiwa in cui spiegavo i primi rudimenti del carpfishing e nella quale portavamo avanti il Big Carp Cup per il quale erano previsti una serie incredibile di premi che consegnavamo a fine stagione,
Era arrivato il momento di separare marketing dall’associazione per cui le mie dimissioni coincisero con la fine, assolutamente pacifica e coordinata, con la Fassa .
Molte aziende mi tiravano per la giacchetta con offerte di vario genere ma una sola aveva colpito la mia fantasia e mi ero prodigato per costruire una linea di prodotti sotto il brand “Best Carp” disegnato da Pino Maffei. Andrea Coroi e il citato Pino mi stavano dando una mano importante fino a quando mi resi conto che quel progetto, teoricamente perfetto, non sposava appieno le aspettative della azienda assai titubante nell’investire in particolare sulle canne.
Decisi quindi di soprassedere e dedicarmi integralmente al design di canne da carpfishing che fossero veramente differenti da quelle che avevo provato.
Va detto che venivo da 6-7 ani di lancio tecnico, dall’aver abbattuto per primo il muro dei 200 e 210 metri durante le finali dell’UKSF e il secondo posto a squadre nella sfida internazionale di Long casting. Insomma, sapevo cosa doveva avere una canna per lanciare lontano, per controllare un pesce a distanza e sopratutto, per non perderlo..
Le canne esistenti all’epoca si basavano su due concetti di base;
Paraboliche; di concezione inglese, morbide, di basso test di curvatura, ottime nel giocare con la preda in cave e piccoli ambienti ma incapaci di esprimere distanza e precisione nel lancio.
Fast action; diciamo di ideazione nipponica, eccessivamente rigide tipo bastone. Capaci di lanci lunghissimi ma inadatte a gestire pesci allagati in un lembo della pelle.
Per i miei gusti personali serviva un compromesso tra queste due azioni che non trovavo in nessuna canna, nemmeno in quelle eccellentissime prodotte da Alastair Bond e firmate niente meno che…da Rod Hutchinson e Leon Hoogendijk.
Il rapporto con Alastair era nato per caso …dopo una chiacchierata a Carp Italy e un incontro sulle sponde del Tevere all’Urbe dove avevamo gustato un the preparato da Andrea Coroi e Pino Maffei.
Per creare una canna come l’avevo in mente Alastair mi aveva poi spedito 5 canne da mosca per salmone da 12 piedi. Si trattava di gioielli elegantissimi e comincia quindi a mescolare le cime con i manici portandole dapprima in spiaggia a lanciare e quindi, anellandole con il legature fatte in nastro adesivo, a pesca sui miei laghetti e fiumi a Grosseto (Cavallini, Ombrone etc). Per ogni canna segnavo distanze di lancio, precisione, potenza in flessione della canna a 60-80-100 metri mediante un dinamometro. Poi a pesca usando le trecce che andavano all’epoca; Kryston Silkworm da 12 e 15 libbre su ami Partridge ws17. SE non catturavo mi facevo aiutare in finti combattimenti riprendendo la cura della canna per cercare “flat spin” e anomalie nelle curve. Volevo una canna rigida di manico che a partire da 20 cm sopra lo spigot (o l‘innesto) cominciasse ad aprirsi per diventare parabolica. Non esisteva nulla del genere e io volevo questa azione.
Alla fine selezionai una cima ed un manico e avvisai Alastair che c’eravamo quasi…..tanto da ricevere un nuovo prototipo qualche settimana dopo. La nuova canna era quasi perfetta, mancava definire corre , anelli e rifiniture e qui Alastair esagerò davvero proponendomi un colore Ultramarine (sfumature di verde/blu), anelli Fuji SiC mentre io aggiunsi il pomello posteriore che mi pareva assai “chic” e che ricordava le canne da salmone.
Le canne sarebbero state tutte 12’6’’ per una ragione semplice; questa misura entra perfettamente sia nelle borse porta-canne da 12 che da 13 piedi per cui non vi era alcuna spesa aggiuntiva per chi le avere scelte.
Le scritte erano fatte a mano con un pennellino, le legature altrettanto manuali ed ogni canna era un gioiello a sé stante. Per gli amici più cari poi ottennio la personalizzazione per cui Pino, Andrea,Sandro e altri ebbero le Classic RR con la loro firma sul calcio.
Non erano canne economiche ma di una qualità tale che ben poche potevano reggere il confronto per qualità dei materiali, innovazione ed eleganza al punto che sia Rod che Leon si interessarono molto a questi modelli così come tante altre aziende tra cui Watersport centralen, Fox che nel giro di due anni proposero una azione assai simile a quella che offrivano le “Classic RR”.
La definii “Parabolico progressiva” che può significare tutto o nulla perché è il semplice compromesso tra quello che esisteva nel mercato ma che non mi soddisfava assolutamente.
Le Classic raggiunsero livelli di apprezzamento straordinari al punto che due anni più tardi lo stesso Alastair mi propose di disegnare le Blue Arrow (Freccia Blu) che all’inizio ebbero problemi a causa del terzo anello di punta che essendo poco elastico, intaccava il carbonio portandolo alla rottura.
Si rimediò subito sostituendo le canne rotte e chiedendo anelli più elastici alla Fuji.
Con questa idea di canne accettai le proposte sempre più serrate della Fox con cui avevo un rapporto contrattuale come tester.
Ero assai incerto se prendere questa via perché certamente da un lato mi avrebbe garantito una visibilità in tutt’Europa ma a scapito senza dubbio della qualità e dell’amore che veniva messo in ogni singola canna prodotta da Alastair.
Scelsi la via della Fox International che progressivamente immise sul mercato vari modelli estremamente apprezzati al punto che un bel giorno mi comunicarono che la rappresentativa della Moldavia (??) aveva acquistato in blocco cento (100) delle mie canne!
Va detto che gli altri inglesi non mi guardavano di buon occhio fatta eccezione per Max Cottis che fortemente aveva voluto insieme a Cliff Fox, questa operazione sul mio nome.
Tra le varie canne disegnate e firmate per Fox quelle a mio giudizi, veramente degne di nota furono le “Titanium” . Ancora oggi sarebbero canne futuristiche rispetto alla maggioranza dei prodotti presenti sul mercato!
Si trattava di blank ultra leggeri, molto veloci e con l’azione parabolico progressiva che era diventata la mia firma; canne di un livello altissimo che però subirono l‘improvviso aumento dei costi di quel materiale diventando troppo costose e pertanto fuori mercato.
Altra canna notevole fu quella che Fox non fece mai uscire perché nel frattempo non avevo rinnovato il contratto (dopo una decina di anni) per una differente visione tra i loro progetti e i miei nascendo impegni in televisione/video (nella qual loro non credevano affatto sbagliandosi alla grandissima).
Quelle canne le ho io e mi piange il cuore che non siano mai andate in mano agli appassionati (tranne chi era con me a Parco del Brenta a Dicembre) quando le ho tirate fuori ed usate con enorme piacere.
Dall’esperienza Fox è quindi scaturita quella Century con una serie di canne splendide, assolutamente sottovalutate dall’esterofilia di cui si soffre da noi e dalle chiacchiere inutili dei soliti soloni da salotto incapaci di capire che il 95% della canne oggi presenti sul mercato viene dall’oriente e ben poche, forse solo proprio le Century, valgono veramente il prezzo che costano.
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